La mattina del 15 marzo del 44 a.C., quando fuori della Curia ci si rende conto di quel che è accaduto, Roma cade in un turbamento profondo. I congiurati, che speravano in una reazione popolare favorevole, sono invece travolti dalla folla: alcuni vengono trucidati in pochi minuti. Altri riescono a sfuggire e cercano di lasciare Roma il prima possibile. La curia viene assalita dal popolo in lacrime: i banchi dei senatori vengono ammassati al centro del Foro, per innalzare un pira su cui cremare il corpo di Giulio Cesare.

Antonio, che in quell’anno è console, cerca di prendere in mano la situazione: fa votare dai senatori fedeli la conferma di tutti i provvedimenti di Cesare e la proroga dei poteri ai magistrati amici. Antonio si sente l’erede politico del dittatore. Ma in quei giorni convulsi, un’altra figura, a Roma quasi sconosciuta, è informato dell’assassinio di Cesare, e sta per diventare protagonista della scena. Il suo nome è Gaio Ottavio: è il figlio della nipote di Cesare, Azia. 

La sorella di Cesare, Giulia, aveva sposato un senatore di origine plebea, Marco Azio Balbo, e aveva avuto due figlie, entrambe di nome Azia. La maggiore di queste, intorno al 70 a.C., aveva sposato un ricco cavaliere della provincia romana, appartenente ad una gens originaria di Velletri, Gaio Ottavio. Ottavio era stato pretore e propretore in Macedonia, dove si era fatto apprezzare per onestà ed equilibrio. Dal matrimonio erano nati, quasi subito, una femmina, Ottavia, e un maschio, appunto Gaio Ottavio (come il padre): quest’ultimo figlio aveva visto la luce, nella casa di famiglia romana sul Palatino, in un giorno particolare, il 23 settembre del 63 a.C., alla vigilia dello scoppio della congiura di Catilina. La madre stessa, forse, aveva raccontato di aver sognato di esser stata posseduta da un serpente, simbolo di Apollo, preannunciatore di un futuro tutto particolare del nascituro.

Ottavio senior, però, non era destinato a lunga vita: di ritorno dalla Macedonia, nel 59 a.C., mentre aveva ricevuto da Cesare l’invito a presentarsi al consolato per l’anno successivo, colpito da febbri violente, era morto nella villa di famiglia, a Nola, in Campania. Azia, che aveva all’epoca 25 anni, era stata consigliata da Cesare di risposarsi con un altro suo compagno, Lucio Marcio Filippo, che sarebbe stato console nel 56, e così aveva fatto. 

L’infanzia di Ottavio era stata caratterizzata dallo strettissimo legame con la nonna Giulia: era stata lei ad educarlo e a parlare a Cesare del ragazzo, che già mostrava spiccate doti e intelligenza. Giulia però, cinquantenne, era morta nel 51 a.C. e proprio Ottavio, dodicenne, aveva scritto e pronunciato il suo elogium funebre in pubblico. Appena diciassettenne, aveva accompagnato Cesare in Spagna, contro i figli di Pompeo, e qui, in un frangente di estremo pericolo, aveva salvato la vita del prozio. Questo episodio, avvenuto nel 46 a.C., aveva convinto definitivamente Giulio Cesare a riporre, in quel giovane riflessivo ma coraggioso, fiducia e speranza. Cesare, del resto, non era riuscito ad avere figli maschi, da nessuna delle sue tre mogli. Cleopatra, proprio in quell’anno, gli aveva dato un bimbo, è vero, ma si trattava pur sempre del frutto di una relazione molto particolare, “strana” agli occhi dei romani, perché avuto da una regina greco-egizia. Conclusa la campagna militare e celebrati i trionfi del 46 a.C. a Roma, Cesare aveva inviato il nipote a perfezionare gli studi ad Apollonia, nella Grecia del nord, dove avrebbe conosciuto Marco Vipsanio Agrippa, che sarebbe divenuto il suo miglior amico e collaboratore. Cesare aveva in serbo, per lui, un incarico importante: farsi accompagnare nella spedizione che aveva progettato contro i Parti, di lì a un paio d’anni. La storia, però, aveva preso un’altra strada, e pochi giorni prima della fine del marzo del 44 a.C. Ottavio era stato raggiunto, ad Apollonia, dalla notizia della morte di Cesare. Ma aveva anche appreso un’altra cosa: Cesare lo aveva indicato come figlio adottivo e lo aveva proclamato erede dei tre quarti del proprio patrimonio, che ammontava a oltre 700 milioni di sesterzi. Da quel momento Ottavio avrebbe preso il nome di Gaio Giulio Cesare Ottaviano. Il giovane, che non aveva ancora compiuto diciannove anni, si preparava dunque a tornare a Roma. 

Alla fine di maggio Ottaviano giunge a Roma. L’incontro con Marco Antonio rivela subito che tra i due non ci sarà un’intesa facile. Ma Ottaviano ha dalla sua il testamento di Cesare e Antonio deve ingoiare l’amaro boccone. La sua preoccupazione principale, in quel momento, sono ancora i cesaricidi: Bruto e Cassio, con l’appoggio dei senatori conservatori capeggiati da Cicerone, si stanno organizzando, e preparano un esercito di seguaci della libertas repubblicana. Passano mesi convulsi, perché molti cesariani, fedeli ad Antonio, vedono nel giovane Ottaviano una figura troppo debole per la successione a Cesare. È Antonio il combattente che ha accompagnato Cesare in mille avventure, è lui che ha combattuto al suo fianco e che è veramente dalla parte dei populares: lui dovrebbe essere il vero erede del dittatore. Ottaviano, però, mostrando da subito quale sarà la sua strategia politica, si concilia il favore della plebe romana distribuendo a ogni cittadino un donativo rilevante; quindi, mediante una trattativa segreta con Cicerone, nella quale gli assicura di non voler rovesciare la respublica, si fa eleggere tribuno della plebe, benché non abbia i requisiti legali per candidarsi. Cicerone, nel frattempo, bersaglia Antonio con una serie di discorsi ispirati alle celebri orazioni di Demostene contro il sovrano macedone Filippo II, le Filippiche. Antonio è dipinto come un trasgressore della legalità, come colui che vuole farsi dittatore senza averne alcun titolo. Antonio, che è ancora console in carica, richiama a questo punto le legioni cesariane dalla Macedonia e dalla Gallia, e minaccia di marciare su Roma. Ottaviano cerca di scongiurare l’evento: con il patrimonio di Cesare allestisce privatamente una legione, minacciando di intervenire per far valere i suoi diritti. 

Nel gennaio del 43 a.C. entrano in carica i nuovi consoli, due generali cesariani, ancora indicati dal dittatore prima della morte, Irzio e Pansa. Il senato li incarica di fermare il tentativo di colpo di mano di Antonio, che è stato loro compagno e commilitone. A malincuore i consoli partono con l’esercito regolare; insieme a loro è anche Ottaviano, in qualità di pretore straordinario.

Nella battaglia, che si svolge nei dintorni di Modena il 21 aprile del 43 a.C., entrambi i consoli sono feriti e dopo pochi giorni vengono trovati morti nell’accampamento. Ottaviano diviene così comandante delle legioni senatorie e riesce a fermare le milizie di Antonio grazie ad un accordo, nel quale entra in scena anche Marco Emilio Lepido, altro fedele cesariano, allora pontefice massimo. Si tratta, in sostanza, di un nuovo triumvirato, che prevede l’elezione di Ottaviano come consul per la rimanente parte dell’anno, un incarico proconsolare per Antonio in Oriente, e una spedizione di entrambi contro Bruto e Cassio, che si sono messi a capo di un esercito repubblicano in Grecia. Ma Antonio chiede ad Ottaviano anche un prezzo molto alto, per l’accordo: nuove proscrizioni per eliminare tutti coloro che hanno tramato alle spalle del dittatore. Tra questi è anche Cicerone. Ottaviano deve acconsentire e abbandonare alla sua sorte chi, in quell’anno convulso, lo aveva apprezzato e sostenuto. Il 7 dicembre di quell’anno, nella sua villa di Formia, Cicerone è raggiunto dal magister equitum di Antonio, un certo Popilio: viene ucciso e decapitato. La sua testa e le sue mani, che hanno scritto le infuocate Filippiche, vengono esposte per qualche giorno nel Foro, a Roma: diverranno simbolo del potere che censura l’espressione politica.

La riappacificazione tra Antonio e Ottaviano viene suggellata, sempre in quell’anno, da un espediente, che spesso abbiamo visto all’opera nelle strategie politiche delle grandi famiglie romane. Antonio, che aveva venti anni esatti più di Ottaviano, era già sposato da tempo con Fulvia, romana di origini nobili, la quale era al suo secondo matrimonio. Giovanissima, infatti, era stata sposata con quel Clodio, tribuno cesariano, ucciso negli scontri tra bande armate nel 51 a.C. Da Clodio, poco prima della morte di lui, aveva avuto una figlia, Claudia, all’epoca tredicenne. Per rinsaldare il legame con Ottaviano, Antonio gli propone di sposare questa sua figliastra. Ottaviano, che da tempo ha un legame sentimentale con una ragazza, conosciuta da adolescente, di nome Servilia, non può rifiutare. Dà un amaro addio a Servilia e sposa Claudia. Il matrimonio, però, non parte bene: la piccola Claudia si dimostra dal carattere difficile; Fulvia, la madre, è costretta ad andare a vivere con lei e con Ottaviano, per controllare la situazione. L’erede di Cesare si ritrova così, in pochi mesi, ad una convivenza forzata con una moglie che non lo vuole e una suocera che è la moglie del suo avversario politico. Gli affari pubblici, tuttavia, lo tengono fortunatamente occupato.

Per tutta la prima parte dell’anno, infatti, Ottaviano si dedica a tessere una rete di relazioni con le più importanti famiglie romane, che gli consentano di emarginare Antonio, sempre presentato come radicale e troppo vicino alle posizioni popolari. Appena dopo l’estate, arriva finalmente il momento dello scontro con i cesaricidi, che si sono radunati in Grecia, nella pianura di Filippi. 

La battaglia si svolge all’inizio di ottobre. Gli eserciti si schierano su due fronti: Antonio contro Cassio e Ottaviano contro Bruto. Al fianco di Ottaviano combatte Marco Agrippa, il suo coetaneo e fedelissimo compagno: e fortunatamente, perché l’avanzata di Bruto mette in seria difficoltà le legioni di Ottaviano, che secondo alcune fonti è costretto a rifugiarsi per evitare la morte. Ci pensa Agrippa a riequilibrare le sorti dello scontro, costringendo Bruto a indietreggiare. Sull’altro fronte, intanto, Cassio è stato sconfitto e ucciso da Antonio. Quando Bruto lo viene a sapere, si vede perso. Come il grande eroe Aiace, si suicida gettandosi sulla sua spada. Antonio e Ottaviano, tornati a Roma, potranno vantare insieme il successo: Cesare è vendicato. Ottaviano, con le sue risorse, avvia la costruzione di un grande tempio, tra il Foro e la Suburra, dedicato a Marte ultore, “vendicatore” dei cesaricidi.

A Roma Ottaviano e Antonio ridisegnano una nuova ‘spartizione’ delle province: a Lepido viene affidata l’Africa, ad Antonio l’Oriente e le Gallie, mentre Ottaviano decide di rimanere in Italia e di farsi affidare solo la Grecia. La scelta di Ottaviano, ancora una volta, dimostra molta scaltrezza e lungimiranza politica. Se i due altri triumviri, infatti, avevano optato per territori ricchi e fascinosi, Ottaviano aveva calcolato che sarebbe stato meglio rinsaldare legami di amicizia e di clientela in quello che era, ancora all’epoca, il centro del potere: Roma e l’Italia. Si dedica, in questo senso, a distribuire denari e terre a tutti i veterani delle varie legioni cesariane, per rendersele sempre più fedeli. Tra i cittadini espropriati in quell’anno dei propri possedimenti, destinati a ricompensare i soldati, vi è la famiglia di un giovane residente vicino a Mantova: il suo nome è Publio Virgilio Marone. Colto, malinconico e riflessivo, il giovane Virgilio si reca a Roma per chiedere a Ottaviano la grazia di restituirgli i campi paterni: è notato, in quell’occasione, da un’altra figura tutta particolare che collabora, già all’epoca, con Ottaviano, Cornelio Gallo. Anche lui poeta, oltre che abile generale, presenta il giovane mantovano al coetaneo: tra i due nasce una stima che aiuterà Virgilio a riottenere i possedimenti familiari, ma soprattutto a inserirsi negli ambienti letterari di Roma, ove, di lì a poco, si trasferirà definitivamente. Questi episodi, l’elogio di Ottaviano e di Gallo, saranno rievocati dal poeta nella sua prima opera destinata a raggiungere fama e apprezzamento generali, le Bucoliche, pubblicate pochissimi anni dopo.

Le distribuzioni di terre ai veterani proseguono, come la lenta trama di alleanze di Ottaviano. Lepido e Antonio, in Africa e in Oriente, sembrano per il momento soddisfatti dell’accordo. Ma dopo l’estate del 40 a.C. il fratello di Marco Antonio, Lucio Antonio, promuove una rivolta nei dintorni di Perugia: ai suoi veterani, afferma, sono toccati in sorte solo territori di minor pregio. La rivolta è domata, molti soldati giustiziati, ma a Lucio Antonio è risparmiata la vita. Sembra chiaro che dietro quell’episodio vi sia una provocazione di Marco Antonio. La tensione tra i due, però, sale alle stelle per un fatto di natura privata.

Ottaviano, infatti, non sopporta più la situazione di convivenza con la giovanissima moglie, figliastra di Antonio, Claudia, appena quindicenne, soprattutto dopo che la madre, Fulvia, è improvvisamente morta. Dopo due anni di matrimonio disastroso, e probabilmente mai consumato, Ottaviano divorzia da Claudia e la rispedisce a casa. Il suo obiettivo si chiarisce quando Ottaviano sposa, nel suo secondo matrimonio, la quasi trentenne Scribonia: è la nipote diretta di Lucio Cornelio Silla e di Gneo Pompeo Magno. In questo modo Ottaviano vuole dare un altro segnale alla nobilitas, imparentandosi con due delle famiglie più vicine agli interessi aristocratici di Roma. 

Antonio è furioso, ma è costretto, questa volta, a digerire anche lui un nuovo matrimonio combinato. Ottaviano, infatti, ha in serbo un colpo a sorpresa: offre ad Antonio la mano di sua sorella Ottavia.

Ottavia (minore, per distinguerla dalla precedente figlia di Gneo Ottavio), era di alcuni anni più grande di Ottaviano. Colta, intelligente e dotata di grandissime capacità, era stata da subito l’oggetto di interesse da parte di tanti rampolli delle famiglie senatorie dell’urbe. Giulio Cesare in persona, però, aveva scelto per lei un giovane di buonissime speranze: Gaio Claudio Marcello, discendente di quel Marco Claudio Marcello conquistatore di Siracusa, cinque volte console, tra i più amati condottieri di Roma. Da Marcello Ottavia aveva avuto già due figlie, Marcella maggiore e Marcella minore; un terzogenito era in arrivo, proprio in quell’anno, ma Gaio Marcello, improvvisamente ammalatosi, era morto lasciando la giovane Ottavia vedova. Ottaviano, che passerà una vita a tessere matrimoni tra i suoi familiari e amici, aveva subito intravisto nel luttuoso evento un’occasione politica.

Alla fine del 40 a.C. Antonio acconsente al matrimonio. Due mesi dopo nasce il figlio di Ottavia e Marcello, che prenderà il nome del padre naturale. Ottavia, nel giro di un solo altro anno, darà ad Antonio una prima figlia, Antonia maggiore, alla quale seguirà una secondogenita, Antonia minore. Ma la situazione privata della sorella di Ottaviano doveva fare i conti con un’altra, inaspettata figura femminile. 

Fin dal 42 a.C., infatti, nei viaggi in Egitto ove lo hanno portato le missioni politiche e militari, Antonio ha avuto modo di frequentare la regina Cleopatra, che dopo le idi di marzo del 44 a.C. ha lasciato in tutta fretta Roma e, con il figlio Cesarione, è tornata sul trono d’Egitto. Tra i due è scoppiato quello che sembra essere un amore travolgente, che Antonio è riuscito a tenere segreto, fin a quei mesi tra la fine del 40 e l’inizio del 39 a.C.: Cleopatra, infatti, partorisce proprio allora due gemelli. Sono i figli di Marco Antonio.

La situazione, in casa di Ottaviano, non è però migliore di quella della sorella. Scribonia, infatti, sembra non aver affatto apprezzato le nozze. Girano molte voci di suoi tradimenti. Ma la donna è incinta: così Ottaviano aspetta l’ottobre di quell’anno e, nello stesso giorno in cui nasce una bimba, che riconosce e che prenderà il nome di Giulia, ripudia Scribonia. Giulia rimarrà la sua unica figlia. Ottaviano, tuttavia, non si dà per vinto. Vuole imparentarsi ancora con la prestigiosa gens Claudia; dopo la sfortunata esperienza della figlia di Clodio, però, sceglie un ramo diverso della antica famiglia. Da un anno, appena ventenne, è rimasta vedova del marito Livia Drusilla, discendente di Appio Claudio il Cieco, e sposata con il cugino Tiberio Claudio Nerone. Livia ha già due figli maschi piccolissimi, nati Claudii, Tiberio e Druso, ma Ottaviano è disposto a crescerli come suoi. 

Nel marzo del 38 a.C. Ottaviano la sposa, per le sue terze, e questa volta ultime, nozze. Livia, però, non riuscirà a dargli figli suoi. 

Sempre in quell’anno, Ottaviano si sbarazza di Emilio Lepido: pur conservando la carica di pontefice, il terzo triumviro viene confinato al Circeo, dove morirà pochi anni più tardi. Sulla scena politica e militare, a questo punto, rimane solo Antonio, che ha avuto una terza figlia da Cleopatra e che si atteggia sempre di più, in Egitto, a sovrano orientale. Inizia da parte di Ottaviano, a Roma e in tutta Italia, una lunga campagna propagandistica di discredito di quello che era stato il braccio destro di Cesare. Antonio è dipinto come superbo e arrogante, come colui che minaccia di contaminare le tradizioni romane con la mollezza orientale, come chi vuole, addirittura, spostare il centro del potere da Roma ad Alessandria. Ottaviano, in ciò, è aiutato da un altro fedelissimo collaboratore e amico, Gaio Cilnio Mecenate. Di nobili origini etrusche, Mecenate sta chiamando a Roma artisti e poeti da tutte le parti del Mediterraneo. Diversi autori iniziano a celebrare la bontà e le capacità di Ottaviano e a mettere in cattiva luce Antonio. Tra questi, dall’Apulia, è arrivato a Roma anche un giovane che spicca sugli altri poeti per eleganza: Quinto Orazio Flacco. 

La situazione di crisi tra Antonio e Ottaviano si trascina per altri cinque anni, con continue schermaglie, mai però armate. Ottaviano, che da tre anni si è fatto eleggere continuativamente console, ha inviato Agrippa in Gallia e in Germania, a rafforzare i confini romani. Antonio è impegnato in Armenia, dove ottiene conquiste significative, che tuttavia condivide con Cleopatra: ne celebra il trionfo, per la prima volta, ad Alessandria e non a Roma. Ancora una volta è però un episodio di natura privata che sembra scatenare il conclusivo scontro tra i due. All’inizio del 32 a.C., iniziano a circolare voci sulla volontà, da parte di Antonio, di divorziare da Ottavia per sposare ufficialmente Cleopatra. Accade allora un fatto sull’interpretazione del quale gli storici ancora oggi sono incerti. Ottavia, appresa la notizia, decide di partire, per incontrare Antonio di persona. Vuole disperatamente lottare per riprendersi il marito? O la sua è una mossa chiesta, ancora una volta, dal fratello, per ottenere un ‘affronto’ di cui sdegnarsi pubblicamente? Comunque siano andate le cose, Ottavia incontra Antonio in Grecia. Ma l’incontro, come era prevedibile, si risolve in un nulla di fatto. Ottavia torna da sola a Roma e riceve di lì a poco una lettera con cui Antonio la ripudia. 

Ottaviano, probabilmente, non aspettava altro. Si impossessa dei documenti testamentari di Antonio, li apre e li legge in senato: Antonio ha lasciato eredi delle sue sostanze i soli figli avuti da Cleopatra e alla regina ha promesso di riconsegnare il completo potere sull’Egitto. I senatori, sdegnati, accettano di muovere guerra contro la regina e di dichiarare Antonio “nemico pubblico”. È il dicembre del 32 a.C.

Per tutta la prima parte dell’anno Antonio e Cleopatra si preparano allo scontro. Antonio può contare su ben trenta legioni e sul contingente navale di Cleopatra. Si attesta su una linea che va da Cirene a Metone, nella punta del Peloponneso vicina all’Italia. Lui e Cleopatra pongono il quartier generale a Patrasso.

Ottaviano, che è come sempre accompagnato (e guidato nella strategia) da Marco Agrippa, può contare su venti legioni e su una flotta inferiore per numero. Ma Agrippa ha un’idea vincente che segna le sorti del conflitto. Salpato da Brindisi nella primavera del 31, non si dirige verso il golfo di Patrasso, ma raggiunge a sorpresa il Peloponneso e sbaraglia la retroguardia di Antonio, tagliandogli le vie di approvvigionamento dall’Egitto. A questo punto Antonio e Cleopatra sono in parte isolati. Anche Antonio, però, risponde con una mossa a sorpresa, avanzando verso l’Italia. La flotta di Ottaviano si schiera davanti alle coste adriatiche dell’Acarnania, poco sotto l’odierno porto di Igoumenitsa, ove sorge la cittadina di Azio.

La mattina del 2 settembre del 31 a.C., alle prime luci dell’alba, la flotta di Antonio e Cleopatra si avvicina allo schieramento di Ottaviano e Agrippa. Per primo ad attaccare è Antonio. Agrippa però retrocede verso il mare aperto: le navi di Antonio lo inseguono, ma vengono accerchiate con un’abile manovra. A metà della giornata già 50 navi sono affondate. Molti sono presi dal panico, e decine di navi antoniane vanno a rifugiarsi nel golfo di Ambracia. Ottaviano le chiude e dà ordine di attaccare con frecce infuocate. È la disfatta per la flotta orientale, che si arrende o abbandona le navi per fuggire via terra. Resisi conto della sconfitta, Antonio e Cleopatra si mettono in salvo, raggiungono Atene via terra e di lì salpano in tutta fretta per Alessandria. Ottaviano, però, sceglie di non inseguire subito i due. Torna a Roma e si fa eleggere console per la quarta volta consecutiva.

Mentre Cleopatra e Antonio sono asserragliati ad Alessandria, Ottaviano prepara la spedizione risolutiva. In tutte le province che erano state di pertinenza antoniana, i governatori vengono sostituiti con senatori a lui fedeli. Ai primi di agosto, la flotta romana compare davanti al porto alessandrino. Antonio, radunato in tutta fretta un esercito, si prepara allo scontro appena fuori le mura della città. Ma alla vista dell’imponente schieramento di Ottaviano, gli egizi si danno alla fuga. Ad Antonio rimane una sola strada: darsi la morte. Quando Ottaviano raggiunge il suo accampamento, lo trova già senza vita.

Cleopatra, intanto, si è chiusa nel palazzo reale. Ottaviano vuole incontrarla e la regina, stando a quanto raccontano le fonti romane, cerca di sedurlo per aver salva la vita e il regno. Ma Ottaviano non è né Cesare né Antonio, e intima a Cleopatra di abdicare e di consegnargli i suoi figli, a cominciare da Cesarione, allora quindicenne, avuto da Cesare. Cleopatra capisce che è giunta la fine: si ritira in una stanza segreta e il 12 agosto del 30 a.C. si fa mordere da un aspide, togliendosi la vita. Ottaviano fa cercare nel palazzo i figli di Antonio e Cesarione, per ricondurli a Roma. Il figlio di Giulio Cesare e Cleopatra, però, è trovato morto nella sua stanza: questa, almeno, la versione ufficiale. 

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