Racconta Svetonio che, nelle frementi ore successive all’assassinio di Caligola, i pretoriani  avevano eliminato tutti i possibili oppositori della congiura, congiunti e servi dell’imperatore. Il prozio, Claudio, fratello di Germanico, “si era nascosto in una sala di nome Ermeo. Non molto dopo, spaventato dal rumore della porta, proseguì verso il vicino solarium e si nascose dietro alle tende, davanti all’ingresso. Qui un soldato semplice, visti i piedi, lo tirò fuori mentre Claudio si inginocchiava per il timore, ma riconosciutolo, il soldato lo salutò imperatore. Poi lo condusse dagli altri soldati, esitanti e frementi. Posto dai suoi sulla lettiga, fu portato nell’accampamento, triste e trepidante, mentre la folla che incontrava lo commiserava, quasi stesse per essere giustiziato pur essendo innocente. Ricevuto entro il vallo, pernottò tra le tende dei soldati, temendo più che sperando. All’indomani, però, siccome il popolo reclamava una guida per lo stato, fu salutato da tutti imperatore”. 

Come si è visto, Claudio era nato il 10 a.C. dal fratello di Tiberio, Druso, e da Antonia minore, mentre questi si trovavano a Lugdunium, Lione, per una missione militare. Aveva perso il padre ad appena un anno e la madre Antonia lo aveva in qualche modo rifiutato, come “mostro, abbozzo d’uomo”; era stato cresciuto dalla nonna Livia, moglie di Augusto, chiuso nel palazzo del Palatino. Fin da piccolo, infatti, Claudio aveva dato segnali chiari di una disabilità fisica che avrebbe segnato la sua vita. Zoppicava e non riusciva a trattenere la salivazione. E nel mondo antico le infermità congenite costituivano spesso una vergogna, qualcosa da tenere nascosta. Si ricorderà che nelle leggi delle Dodici Tavole un puer affetto da deformitas è condannato ad essere ucciso. Il giovane nipote di Augusto e Tiberio era così cresciuto in solitudine, all’ombra del potere: quasi mai appariva nelle cerimonie ufficiali, nelle processioni o nei banchetti. Non aveva mai ricoperto incarichi pubblici e tantomeno militari. 

Claudio si chiuse nei suoi studi, per i quali aveva sempre mostrato una grande passione, nonché un certo talento. Era particolarmente incline agli studi grammaticali e storici. Scrisse una storia degli Etruschi e di Cartagine. Si occupò di questioni mitologiche ed erudite. 

La sua vita privata, tuttavia, eccetto gli studi, gli dava tante amarezze come quella pubblica. Nel 15, a venticinque anni, aveva sposato una nobile, Plauzia, che gli aveva dato un figlio, chiamato Druso Claudio. A quattro anni, nel 19, il bimbo era rimasto soffocato mentre mangiava un frutto. Il rapporto tra Claudio e Plauzia era andato via via peggiorando: Claudio era convinto che la moglie lo tradisse, e quando costei dichiarò di aspettare un altro figlio, la ripudiò e non riconobbe la bimba. Tiberio, nel 28, convinto dalle trame dell’ancora potente prefetto Seiano, lo fece sposare con la sorella di costui, Elia. Dal matrimonio nacque un’altra figlia, Claudia Antonia, ma quando, appena due anni dopo, fu scoperta la congiura di Seiano e costui fu costretto al suicidio, anche Elia fu allontanata dalla corte. Claudia Antonia sarebbe stata cresciuta dalla nonna Antonia minore e poi dal padre, e avrebbe incrociato i destini di diversi altri importanti figure del secolo. Nuovamente solo, a Claudio, ormai quasi cinquantenne, fu ingiunto di sposare nel 38 la bellissima quindicenne Messalina. Era stato il nuovo giovane imperatore, Caligola, nipote di Claudio, a volerla a corte, ufficialmente per le nozze con lo zio, in verità, per circuirla e approfittare della sua bellezza, nota in tutta Roma. 

Messalina aveva dato a Claudio due figli, Claudia Ottavia, nel 40 e, subito dopo, Tiberio Claudio detto Britannico, nato nel febbraio del 41. Entrambi i figli, correva voce, erano il frutto dell’unione segreta di Caligola e Messalina. Ma Caligola non avrebbe mai conosciuto Britannico, nato, appunto, un mese dopo il suo assassinio.

Claudio si trovò, dunque, a raggiungere il potere assoluto per una serie di circostanze quasi fortuite. Proprio quella figura scansata da tutti (persino Augusto non lo aveva nominato nel suo testamento), era ora divenuto imperatore, anche lui, come Tiberio, in età matura. Il senato, e la nobilitas più conservatrice, ritennero ben presto di essere molto più garantiti e al sicuro con un imperatore “sciocco”, così era ritenuto, che con un tiranno come Caligola. E così fu, in effetti. Ma Claudio seppe onorare il suo ruolo con iniziative intelligenti e appropriate.

All’atteggiamento conciliante con il Senato corrispose un’amministrazione oculata della giustizia. Diverse le opere edilizie, intraprese o portate a termine: un nuovo acquedotto per Roma, il prosciugamento del lago del Fucino e la costruzione di Alba Fucens, un nuovo porto per Ostia. 

Anche la plebe urbana non fu trascurata: Claudio aumentò i giochi gladiatorii e le naumachie. Potenziò il santuario di Esculapio sull’isola Tiberina, garantendo a molti diseredati le cure sanitarie. Continuò una politica di tradizioni religiose e di espulsione di culti stranieri dall’urbe: tra questi, per la prima volta, nei suoi provvedimenti si trovano nominati “i giudei seguaci di Cristo”.

Con un provvedimento senza precedenti, estese alcuni diritti di cittadinanza a municipi delle province, a cominciare da quelle galliche dove era nato: nel testo di questa legge, scritto da lui in prima persona, si legge che è Romano chi contribuisce alla grandezza di Roma, non solo chi vi nasce. Un concetto che dovrà aspettare ancora quasi duecento anni per essere ratificato definitivamente, da Caracalla.

Dal punto di vista dell’espansione dell’impero, Claudio abbandonò la politica di contenimento dei suoi predecessori e, grazie all’abilità di valenti generali, tra i quali il grande Gneo Domizio Corbulone, estese i confini dell’impero in Mauritania e nel Bosforo, nonché in Pannonia e in Britannia, che per la prima volta fu ufficialmente assoggettata. 

Nel rispetto del mos maiorum anche Claudio, come Tiberio e Augusto, si fece promotore di leggi contro il lusso e l’adulterio, anche in qualità di censore, carica che si era fatto assegnare: espulse da Roma senatori e cavalieri per disonestà e corruzione. Ma a questo impegno pubblico non corrispondeva, nella vita privata, un’analoga moralità.

La giovane Messalina, infatti, inquieta e certamente insoddisfatta del matrimonio combinato, era divenuta sempre più protagonista in negativo delle chiacchiere della corte, e non solo. I suoi continui tradimenti, le sue avventure stravaganti, sono uno dei capitoli più singolari della storiografia su questo periodo. Tacito e Svetonio, ma anche il poeta di satire Giovenale, ce la rappresentano come una meretrix augusta, una prostituta quasi di professione, che frequentava i lupanari romani e non si faceva sfuggire occasione di adulterio con i pretoriani del palazzo e con tutti i collaboratori dell’imperatore. Tra questi, Messalina si legò sempre di più con un giovane patrizio, Gaio Silio, che Claudio aveva persino nominato console. Nel 48, racconta Tacito, i due si sposarono segretamente, in vista di una congiura che avrebbe dovuto togliere di mezzo il vecchio imperatore. Ma tutto fu scoperto. Silio fu costretto al suicidio. Claudio fu a lungo incerto se ordinare alla madre dei suoi figli, allora venticinquenne, di suicidarsi. Ma quando un suo fedele liberto gli portò la notizia che Messalina era stata trovata morta in una sua villa poco fuori Roma, Claudio, senza dare alcun segno di commozione, non chiese quali fossero state le circostanze della morte, e non partecipò ai suoi funerali. 

Messalina, in effetti, era probabilmente stata eliminata proprio dai potenti liberti di cui l’imperatore, ormai, si era circondato come collaboratori. Tra tutti spiccavano Narciso e Pallante, che con i loro suggerimenti nominavano consoli e governatori, muovevano patrimoni interi e godevano di clientele cospicue. 

Furono i due, in particolare Pallante, a trovare una nuova moglie per l’imperatore. La scelta cadde su una delle ultime discendenti di Augusto, la figlia di Germanico e Agrippina, che si chiamava come la madre, Agrippina, e che era, di fatto, la nipote di primo grado di Claudio. 

Agrippina era stata già sposata con Gneo Domizio Enobarbo, suo cugino, figlio di Antonia Maggiore, e da lui, prima che morisse, aveva avuto un figlio, chiamato Nerone, nato nel 37. Agrippina, che già aveva frequentato la corte e il senato, era donna coltissima e spregiudicata: portò dunque in dote con sé il figlio, all’epoca dodicenne, decisa a fare di tutto per sostituirlo, nel cuore e nel testamento di Claudio, al figlio naturale di lui, Britannico, più giovane di cinque anni. Per il suo piano, Agrippina richiamò dall’esilio cui era stato condannato da Messalina un altro protagonista della storia e della cultura di questo secolo, il filosofo Lucio Annèo Seneca. 

Originario di Cordova, Seneca apparteneva ad una famiglia che si era già distinta nella Roma dei Giulio-Claudi. Il padre era un grande professore di retorica. Egli, educato fin da giovane alla filosofia, aveva iniziato a comporre opere di ispirazione stoica, la più frequentata scuola filosofica nella Roma del tempo. Le sue riflessioni erano improntate alla misura e alla fratellanza, il suo stile era fulmineo e affascinante. Ma, ancora giovane, nel primissimo anno del principato di Claudio, era incorso nell’inimicizia di Messalina, per ragioni private  che ancora oggi sfuggono in gran parte agli storici: Messalina così lo aveva fatto esiliare in Corsica, dove Seneca aveva continuato a comporre opere filosofiche e scientifiche. Ora Agrippina lo richiamava a Roma, con un compito importantissimo: educare il figlio Nerone ad essere il futuro imperatore, l’optimus princeps, il monarca illuminato descritto da Seneca nei suoi libri. Era una sfida che non si poteva rifiutare. Seneca si trasferì a corte e insieme ad Agrippina intraprese l’educazione del giovane, che già mostrava un temperamento piuttosto irrequieto, ambizioso ed estroverso. 

Agrippina, intanto, cercava di mettere in cattiva luce il figlio naturale di Claudio, Britannico. Parallelamente, appena raggiunti i 16 anni, nel 53, convinse Claudio a far sposare Nerone con l’altra sua figlia avuta da Messalina, Ottavia, di appena tredici anni. Nerone, che Claudio aveva comunque adottato ufficialmente, fu nominato princeps iuventutis e gli venne concesso un formale imperium proconsolare. Ma Claudio, in tutte le occasioni pubbliche, continuava a menzionare sempre Britannico al primo posto, indicandolo come suo erede principale. Agrippina prese così la decisione di eliminarlo. Con l’aiuto di un fedele liberto gli fece servire un piatto avvelenato, nel Palazzo imperiale. Il 13 ottobre del 54 Claudio, in preda alle convulsioni, morì. Qualcuno, scandalizzato da tanta spregiudicatezza, tentò una reazione di onestà. Ma Agrippina, poche ore dopo il decesso, si affacciò dalla finestra sulla coorte pretoriana, con il figlio Nerone, e annunciò che l’imperatore era morto di indigestione e che aveva nominato suo erede Nerone. Ella, in attesa della maggiore età del princeps, avrebbe “condiviso con il figlio il peso del governo di Roma”.

Subscribe
Notify of
guest
0 Comments
Inline Feedbacks
View all comments